Nuova intervista su L’Osservatore Romano a cura di Alicia Lopes Araujo in cui abbiamo parlato del mio impegno come educatore nelle carceri. Tra le tante esperienze gli ho raccontato la più recente, che è il progetto “Ti leggo” in cui mi ha coinvolto Fondazione Treccani Cultura.
«Nell’intervista al nostro giornale va dritto al sodo, definendosi «un rapper, una persona che usa le parole per esprimersi, uno scrittore». In lui memoria del passato, consapevolezza del presente e aspirazioni future s’intrecciano in cerca di un equilibrio, ricercato sin da piccolo, anche tra più mondi, che diventa armonia in versi e in musica. A soli tre anni, finito in carcere il padre, rimase solo con la madre, mentre nella sua vita in bilico il rap diventava l’àncora di salvezza: «da bambino i problemi familiari mi avevano portato a chiudermi. Non era facile accettare che mio padre fosse detenuto». Poi è arrivato il rap. «Ho capito da subito che poteva essere un mezzo per esprimermi e da lì ho iniziato a scrivere, a sprigionare le emozioni». Con la catarsi il rap di Amir si è fatto poesia e la parola poetica un’esperienza culturale condivisa».
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